Ora Francesco mi ha fatto sentire accolto. Intervista ad Emanuele Macca

A seguito delle aperture di Papa Francesco verso gli omosessuali credenti alcuni amici del Guado hanno rilasciato delle interviste riflettendo sul valore di queste parole. Tra i primi Emanuele Macca, da sempre amico del Guado, e dei gruppi milanesi, che nel suo passato vanta anche un periodo come volontario alla Caritas. È stato un importante contributor per il nostro blog e uno dei primi a credere in questo progetto sin dagli inizi, già nel 2010.
Ecco l’intervista rilasciata al Corriere della Sera di oggi 31 luglio. Buona lettura.

«Ora Francesco mi ha fatto sentire accolto»
intervista a Emanuele Macca a cura di Paolo Conti
in “Corriere della Sera” del 31 luglio 2013
«Papa Francesco ha compiuto un atto di grande coraggio mettendosi umanamente in discussione e dicendo ai giornalisti di mezzo mondo: “Se una persona è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarla?”. Ma la sua audacia non sta tanto nell’aver usato “quella” parola quanto nel sottolineare l’accoglienza che si deve a qualsiasi percorso spirituale. Bergoglio ha ricollocato al centro la persona nel suo complesso, quindi la relazione con la sua totalità umana, mettendo da parte il “particolare” dell’omosessualità».
Emanuele Macca ha 37 anni, è nato a Pavia, da sempre lavora nel mondo dell’assistenza sociale, prima nella Caritas pavese e ora nel sostegno ai tossicodipendenti. Si autodefinisce così: «Un cattolico praticante, un credente che nel cammino della sua vita ha scoperto la propria omosessualità con un grande conflitto sia interiore che nelle relazioni con la comunità cattolica». Ma solo all’inizio: «Ho recuperato l’entusiasmo della fede quando ho trovato ambienti che mi hanno restituito la gioia della dinamica di comunità». Insomma, proprio ciò che sembra voler comunicare papa Francesco… «Voglio dire esattamente questo. Non fermiamoci alla parola “gay”, che è in fondo un’abitudine espressiva, probabilmente troppo legata alla politicizzazione del movimento gay che sembra aver installato tutto il dibattito sul matrimonio sì/matrimonio no. Andiamo oltre. Perché mi sembra davvero essenziale, nelle rapide frasi del Papa, l’accoglienza della persona».
Ma l’espressione usata non è anch’essa importante? «Certamente sì. Papa Francesco usa uno stile comunicativo semplice ed efficace. C’è da essergli grati anche per questo. Perché la forma è indubbiamente sostanza. Ma lo ripeto: l’autentico peso della frase del Pontefice sta altrove. Sta nell’accoglienza»
Macca ha alle spalle un lungo cammino nelle diverse comunità di cattolici omosessuali. L’ultimo passaggio quello nel «Gruppo del Guado» di Milano, in via Soperga. Ma poi ha deciso di camminare da solo. Frequentando, per esempio, la diocesi di Cremona famosa per la sua «Pastorale per le persone omosessuali». Questione molto importante per lui: «La frase di Bergoglio è perfettamente in linea con tutto il suo approccio pastorale. Ma ha il merito di dare piena legittimità a ciò che si era già manifestato da tempo in diverse realtà della Chiesa. Penso proprio alla Pastorale di Cremona, o ai gesti del cardinale Cristoph von Schönborn, arcivescovo di Vienna. Poi ci sono i gruppi sparsi sul territorio. Quelli di Parma o di Catania, tanto per indicare due esempi che mi sono molto cari»
Pensa che la frase di papa Francesco rappresenti un punto di non ritorno? «Non mi faccio troppe illusioni. Ci saranno sempre difficoltà. Proprio perché la realtà della Chiesa, nel bene come nel male, non è mai lineare e omogenea. Gli stessi vescovi hanno approcci umani molto differenti». Si può dire che la base della Chiesa cattolica sia migliore dei propri vertici? «No, rifiuto un simile schematismo. In ogni dialogo la responsabilità del risultato finale va condivisa tra chi si approccia e chi ascolta». E quale sarà, invece, il risultato positivo? «Il Papa ha ricordato che un’accoglienza fino a oggi troppo “protetta” può e anzi deve diventare accoglienza comunitaria, al di là della rigidità delle leggi o della stessa dottrina.»
Resta il punto di fondo, la questione dell’omosessualità vista come «disordine etico». E anche qui Emanuele Macca ha una sua risposta: «A livello di ricerca teologica il dibattito è abbastanza palese, ma il punto è delicato da sviscerare. So che non se ne uscirà se si continua con lo schema “ordine buono contro disordine”. Bisogna insomma capire dove si vuole arrivare davvero…».

Fonte: http://www.corrieredellasera.it

Martedi 11 giugno: E se Domani… Come immaginiamo il nostro futuro?

Martedì del Guado. Un percorso tra Fede e omosessualità
«E SE DOMANI». COME VEDIAMO IL NOSTRO FUTURO?
Sede di Via Soperga 36 – Ore 21.00
Come immaginiamo la nostra vita tra cinque anni? Come la immaginiamo tra dieci? E andando più in là, come immaginiamo la nostra vita tra venti o trent’anni? Abbiamo paura del futuro o siamo sereni se pensiamo alle cose che ci attendono? Lo aspettiamo con entusiasmo o siamo preoccupati per le prospettive che sembrano aprirsi davanti a noi? Tutte queste domande vengono fuori spontaneamente quando affrontiamo il problema del nostro futuro. Si tratta di atteggiamenti legittimi che sono collegati strettamente al rapporto che l’uomo ha con il suo futuro. Ma al di là delle paure o delle speranze che induce in noi l’idea del futuro che abbiamo davanti, la vera scommessa è quella di vivere in maniera responsabile il presente con l’obiettivo di contribuire alla costruzione del migliore dei futuri possibili.

Info: https://martedidelguado.wordpress.com/appuntamenti/

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tornano i martedì del guado: 21 maggio 2013, noi e… l’omofobia, la nostra esperienza.

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Martedì del Guado. Quasi un percorso tra Fede e omosessualità
NOI E… L’OMOFOBIA
Sede di Via Soperga 36 – Ore 21.00
L’omofobia si presenta con tanti volti:
di chi sente il bisogno di picchiare o di insultare gli omosessuali;
di chi sente minacciata un’idea di società e di famiglia;
di chi ha paura di scoprirsi omosessuale;
di chi ha scoperto di essere omosessuale, ma non si accetta.
di chi sente il bisogno di prendere le distanze da chi è diverso da lui.

c’è infine l’omofobia che nasce da una paura irrazionale.
Ci è mai capitato di incontrarla in una delle sue tante forme?
Ci è mai capitato di subirla?
Ci è mai capitato di combatterla?

vi aspettiamo dalle 19.30 se volete mangiare una pizza con noi
dalle 20.45 per l’inizio dell’incontro.

Per maggiori info visita il blog del Guado
Oppure torna alla Homepage

Semplicemente: grazie!

Siete stati tantissimi a seguirci quest’anno.

Abbiamo vinto una scommessa: parlare di esperienze positive, per infondere speranza in coloro che, vittime dell’omofobia, l’hanno persa.

Potevate essere tiepidi, oppure accettarla a furor di popolo questa idea, e avete optato per la seconda opzione.

Vi vorremmo ringraziare tutti: siete stati tantissimo, 500 visite, migliaia di persone raggiunte tramite la nostra pagina facebook, molte condivisioni…

Un ringraziamento particolare va anche a coloro che ci hanno seguito passo per passo nella veglia.

Grazie, grazie, e ancora grazie.

Continuate a seguirci anche su Facebook

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La mia prima volta ad una veglia: la testimonianza di Silvia

Silvia, da Crema, è stata una dei tantissimi partecipanti alla veglia di preghiera per le vittime del l’omofobia che si è tenuta a Milano il 13 maggio scorso. Un evento unico nella storia degli omosessuali credenti, che per la prima volta ha coinvolto il cuore della movida milanese con una fiaccolata di Unione e fratellanza tra tutti i cristiani, uniti contro un male curabile solo con l’amore.
Leggiamo la sua testimonianza della sua prima volta ad una veglia di preghiera.
Se anche voi volete scrivere le vostre testimonianze e le vostre esperienze per la veglia di preghiera contro l’omofobia, scriveteci su Facebook o lasciate un commento qui sotto.

13 maggio. Fermata Moscova, la via della movida milanese. Non lo sapevo, non essendo, per natura, un tipo festaiolo. Partiamo alle 19,30 da Crema io e quattro altri amici. È presto, ma non vogliamo arrivare in ritardo.
È la prima veglia contro l’omofobia cui partecipo a Milano, la prima volta che entrerò in una chiesa protestante, quella battista di via Pinamonte. Ho un po’ di timore, che si scioglie subito vedendo i volti di tanti amici, e anche di tanti sconosciuti che però mi sorridono calorosamente. Prendo posto insieme agli altri e inizio a pregare.

Mi sembra strano e bello pregare con gente che cattolica non è: ripeto, è la prima esperienza, ma mi trovo subito a mio agio. Siamo in quella chiesa austera, cattolici, battisti, gay, lesbiche, eterosessuali per chiedere a Dio che cessi l’inutile stillicidio di sofferenza che da troppo tempo si riversa su troppi esseri umani, colpevoli solo di non aderire ad uno standard che a volte stringe come un sudario – e come tale sa di costrizione e di morte.

Cantiamo, preghiamo, invochiamo Dio, leggiamo il passo del Vangelo di Marco, quello del cieco Bartimeo, commentato dal pastore Martin Ibarra, che tiene un’omelia particolarmente interessante: è nel dialogo con Gesù, che Bartimeo diventa uomo, la parola, il Verbo, che rende l’umanità a qualcuno che era poco più di “un mobile coperto da un mantello”.

Poi la prima parte delle testimonianze. Quattro negative e piene di sofferenza e di morte. E la fiaccolata, tra drink, chiacchiere e extracomunitari venditori di gadgets. Chissà cos’avranno pensato quelle persone, vedendo il piccolo corteo che scombinava la loro serata.
Ci siamo fermati davanti alla chiesa cattolica di Santa Maria Incoronata. Settecento metri pieni di significato. Davanti all’edificio gotico, fiaccole accese, altre quattro testimonianze – stavolta in positivo. L’ultima, commovente, quella di Andrea padre, divorziato, gay e catechista nella sua parrocchia.

In chiesa ci ha accolto il parroco. Qui la parola di Dio era quella della prima lettera di Giovanni, il cui versetto “Nell’amore non c’è paura” fa, quest’anno, da leitmotiv delle veglie. Nelle sue parole intensità e solidarietà, sprone: anche noi, siamo Suoi figli.

Alla fine indugiamo sul sagrato per i saluti e vedo il pastore Ibarra andarsene via abbracciato a sua moglie. È bello, mi allarga il cuore e mi fa sorridere.

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IDAHO 2013: Igers contro l’omofobia

Nell’era dei social media, anche Instagram viene utilizzato dai suoi utenti, gli igers, per diffondere il loro messaggio, un istante, un’ immagine, per celebrare l’ IDAHO, la giornata internazionale contro l’omofobia che si svolge il 17 maggio di ogni anno.
L’omofobia è una piaga sociale, e nessun Paese è escluso, nemmeno il più civilizzato per antonomasia: Gli Stati Uniti. L’odio verso qualcun’altro solo per i suoi gusti sessuali, solo per amare qualcuno di simile a lui o a lei.

Vi lasciamo con una carrellata di immagini selezionate da diversi accounts pubblicati in occasione di questa ricorrenza.
Qual è la vostra foto preferita? Ditecelo su Facebook o nei commenti qui in basso.

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Una madre di fronte al cambiamento di sesso di un figlio

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l’attesa è quasi finita. ormai tra due giorni ci troveremo a pregare tutti assieme non solo contro l’omofobia, ma anche contro la transfobia. Non tutti infatti sono fortunati come questa ragazza per esempio, che ha trovato nella sua famiglia, i suoi migliori alleati alle difficoltà che questa scelta comporta. 

Testo di Patrick Wallsce tratto dall’Huffingtonpost Gay Voices (USA), 26 gennaio 2012, liberamente tradotto da Anastasia Rainone

Due anni fa una donna di nome Kathy ebbe una conversazione cruciale con sua figlia. Alla giovane età di 24 anni sua figlia le confessò di voler diventare uomo e suo marito la appoggiava e la incitava.
Senza esitazioni Kathy trovò online un gruppo di supporto per genitori di transessuali che a suo dire “le ha fatto conservare la sanità mentale” e le ha fornito “il supporto, la compassione e l’informazione” di cui aveva bisogno per elaborare questa novità.

 

Due mesi più tardi la comunicazione tra la figlia e la famiglia si interrompeva definitivamente lasciando spazio alla rabbia. Kathy sapeva di dover trovare un modo per esprimere i suoi sentimenti, prese carta e penna e scrisse una lettera intitolata “Cose che so”, una lista di emozioni che sperava incoraggiasse le due parti (la figlia e la famiglia) a riprendere il loro rapporto. Secondo Kathy “la lettera che ha scritto ha fatto davvero la differenza”. 

Kathy ha condiviso la sua lettera con il suo gruppo di supporto il PFLAG (ndr corrisponde all’Associzione Genitori con figli glbt italiana) e recentemente con su  aNoteToMyKid.com un movimento creato per portare piu amore nelle vite di lesbiche, gay, bisessuali,t ransgender e le persone coinvolte, la loro famiglia e il loro amici.

Un anno dopo la condivisione della sua lettera di sua figlia, ora suo figlio Marcus, Kathy aggiorna il suo intervento originario per riflettere sul percorso che lei e suo figlio hanno sperimentato in sieme. 
Un estratto di quella lista riassunta qui dimostra come in un solo anno Kathy abbia portato a termine la sua transizione emotiva. Per Kathy le prime righe sono tratte dalla sua lettera iniziale (originaria)  e le parole segnate con un asterisco quelle aggiunte l’anno dopo.

Dedichiamo questo post a tutti i genitori che stanno affrontando una situazione simile. Sappiate di non essere soli. Speriamo che la storia di transizione di Kathy verso Marcus aiuterà a incrementare l’amore e la forza necessari durante questo viaggio personale cosicchè voi e i vostri figli possiate avvicinarvi cosi tanto come non avreste mai immaginato.


Lettera a Marcus: ”Le cose che so” e “ Come un anno puo fare la differenza”

“So che questo è un processo fatto di fasi. Il dolore è la prima,  l’ accettazione la media, il festeggiamento l’ultima. 
* Ora sto festeggiando il fantastico’uomo felice che sei diventato

“So che posso andare avanti col mio dolore e la mia pena, e infine ho trovare un senso di pace vedendo mio figlio davvero felice.
* Vedo un uomo più sicuro di sé, forte e generoso di quanto mia figlia sia mai stata. E’ bellissimo! 

“Io so che un giorno, molto presto, sembrerà che tutto questo fosse destinato ad accadere e ora so vederlo in prospettiva”.
* E‘ arrivato quel giorno. La mia prospettiva ha imparato a stare al passo con te. So che non devo cancellare il passato. 

Tutti i ricordi devo custodirli io. Io posso custodire questi e i nuovi che verranno,insieme nel mio cuore, e tutto andrà bene.
* “Mi hai gia dimostrato che i nuovi ricordi sono sorprendenti per la loro gioia e brillantezza.

Sto aspettando di sentire “Ti voglio bene, Mamma, quando  capisci quanto duramente ci stia provando”
* “So che tu sai e apprezzi i miei sforzi, ora è talmente naturale per me aiutarti come lo è per te dirmi che mi vuoi bene”

“Pensavo a come fossi coraggioso e quanto difficile sarebbe stato per te essere sincero con te stesso”.
* Sei la persona piu coraggiosa che io conosca. Sono impressionata dalla tua innegabile determinazione. 

So che lo supererò perché ti voglio bene molto piu di quanto tu possa immaginare, voglio solo che tu sia felice e in pace con te stesso. Sono onorata di averti nella mia vita non importa come.
* Sei stato cosi paziente da perdonare le mie ansie,e amami abbastanza da condividere con me la tranquillità che tu ora possiedi.

So che mi preoccupo abbastanza profondamente per te che la comunicazione non venga soffocata dal mio disagio, anche se sto lottando”.
* Hai permesso ai miei goffi tentativi di capire quando potevo smettere di lottare e cominciare a credere.

Sono fiera che  tu ti sia rialzato con la forza di essere capace di fare questo passo invece di scappare e nasconderti in una vita di infelicità.
* Ero capace di imparare dal tuo esempio e di scoprire che avevo la stessa forza dentro di me. 

Ora so che  questa non è una perdita, Riconosco ancora mio figlio in ogni sorriso e abbraccio che ricevo.
* La persona che ho cresciuto sarà sempre qui.Diverso all’apparenza ma questo non ha importanza per lo splendore che sei .

“So che non sei l’unico che sta cambiando,sto cambiando anche io con te.Perchè ti voglio bene, arriverà il momento che dovrò fare i conti con la tua identità. La tua identità è stata sempre qui,ora le tue sembianze esterne combaciano con quelle interne. Non ho bisogno di fare i conti con la tua identità, perché sei tu”. 
* So che il mio risponderti sinceramente è doloroso a volte per te ,ma ho bisogno di essere onesta e  di aiutarti a capirmi.

La tua trasformazione è stata un dono che mi hai fatto,e che hai fatto a chiunque ti conosca e ti ama. Sarai sempre il mio amatissimo,carissimo bambino,non importa quanti anni tu abbia.

“Ti voglio bene, il resto non conta”.

Tua Madre

Testo originale: Once a Daughter, Now a Son: The Mother of a Transgender Child Shares Her Emotional Transition

info: http://www.gionata.org

Il pastore valdese Pawel e le veglie: “una preghiera condivisa per liberarci dal pregiudizio”

 

Le parole di speranza a volte arrivano proprio da chi non ti aspetti: un amico molto maschilista, una madre molto religiosa, un pastore della propria chiesa di appartenenza. Come nel caso dei valdesi, ed in particolare di Pawel, polacco di nascita, proprio come Giovanni Paolo II, ma ormai perfettamente italiano. 

Ecco cosa ne pensa lui delle veglie di preghiera contro l’omofobia: 

 

Intervista al pastore valdese Pawel Andrzej Gajewski, 7 maggio 2013
    
Amo definirmi viandante. Sono nato in Polonia ma da ventidue anni vivo in Italia. Sono nato e cresciuto in una famiglia cattolica ma attraverso lo studio della teologia e la frequentazione di diverse famiglie confessionali (luterani, battisti) sono diventato pastore della chiesa valdese, ministero che amo molto e che esercito da dodici anni, prima nelle Valli Valdesi (Provincia di Torino) e adesso a Firenze


Ci racconti come hai scoperto le veglie di preghiera per le vittime dell’omofobia e cosa hanno suscitato in te quando vi hai partecipato?

Ho scoperto le veglie di preghiera per le vittime dell’omofobia grazie alla REFO. Mi sono impegnato in quest’associazione ancora come studente della Facoltà valdese di teologia nell’anno accademico 1998/1999. Giunto a Firenze sono stato contattato dal gruppo Kairos e dalla REFO locale per dare un contributo di riflessione biblica a una delle prime veglie di preghiera fiorentine.

Secondo te quale messaggio le veglie e i culti di preghiera per le vittime dell’omofobia lanciano a tutti i credenti delle nostre chiese…

Credo che sia un messaggio di fiducia in Dio e nel prossimo. Nessuno deve sentirsi solo nella sua sofferenza. Credo inoltre che le veglie sono importanti anche per coloro che nutrono ancora qualche diffidenza nei confronti delle persone di orientamento omoaffettivo. 
E’ bello ritrovarsi sorelle e fratelli in Cristo a prescindere dalle posizioni teologiche e dalle convinzioni personali. Sono convinto che un incontro nell’ambito di una preghiera condivisa possa veramente liberare le persone da ogni forma di pregiudizio.

Credi che  questa iniziativa di preghiera ecumenica condivisa ha favorito un cambiamento nelle persone che hanno condiviso con te questo momento…

Non posso parlare per conto delle altre persone. Dal canto mio vedo però una sorta di mutamento continuo che mi porta con una sempre maggiore intensità da una riflessione piuttosto “teorica” verso un incontro reale con altra/altro.

Con quale speranza parteciperai alla veglie di quest’anno

Per motivi di lavoro mi troverò all’estero proprio nel corso della settimana in cui si terranno le veglie di preghiera. Conto di trovare anche lì una chiesa in cui tale veglia si terrà. In ogni caso il mio pensiero andrà verso la realtà italiana. 
Credo che quest’anno dobbiamo pregare e agire con convinzione affinché finalmente anche da noi le coppie dello stesso sesso possano trovare un giusto riconoscimento giuridico per le loro convivenze e per i loro progetti di vita.  In quasi tutti i paesi europei tale riconoscimento è già avvento; l’Italia per adesso rimane sempre un fanalino di coda per quanto riguarda i diritti civili.

Da Palermo a Quilpué (Cile). Le città dove si veglierà per ricordare le vittime dell’omofobia

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 l’attesa sta per finire. lunedì 13 maggio dalle 21 la nostra veglia avrà inizio. Per tutti i dettagli ecco il comunicato stampa del coordinamento del movimento dei gay credenti italiani, il sito Gionata. Quest’anno siamo in bella compagnia, per tutto il mondo. 

Comunicato stampa del progetto gionata, 8 maggio 2013

Anche quest’anno cristiani provenienti da diverse confessioni e cammini di fede (cattolici, Valdesi, veterocattolici, metodisti, battisti, etc…) nei giorni precedenti e successivi al 17 maggio 2013, giornata mondiale per la lotta all’omofobia, veglieranno con i cristiani omosessuali, per il settimo anno consecutivo,  per ricordare le troppe vittime della violenza dell’omofobia,  sparsi in tanti luoghi diversi ma uniti dal versetto “nell’amore non c’è timore!” (I Giovanni 4, 18)
Veglieranno per ricordare che “non possiamo stare in silenzio quando milioni di fratelli e di sorelle soffrono nel mondo (minacciati, torturati e anche uccisi in alcuni Paesi) solo perché esistono e vogliono vivere l’affettività che il Signore ha dato loro” perché, come ci ricorda il video di presentazione delle Veglie realizzato dal giovane filmmaker palermitano Giovanni Capizzi, “Dio non classifica l’amore per i suoi figli”.

Quest’anno l’iniziativa delle veglie presenta una interessante novità, per la prima volta le veglie organizzate con i gruppi di cristiani omosessuali saranno ospitate, per la maggior parte, in chiese cattoliche come: a Firenze nella Parrocchia cattolica della Madonna della Tosse, a Bologna nella Parrocchia cattolica di S. Bartolomeo della Beverara, a Palermo nella chiesa parrocchiale di S. Maria della Pietà alla Kalsa,  a Catania Parrocchia SS. Crocifisso della Buona Morte, a Padova nella Chiesa cattolica di santa Caterina d’Alessandria, a Roma nella Basilica cattolica dei SS. Bonifacio e Alessio all’Aventino, a Genova nella Chiesa di San Benedetto al porto, a Pinerolo nella Parrocchia Cuore Immacolato di Maria e a Cremona in una parrocchia diocesana.

Inoltre nel mese di maggio diverse comunità comunità battiste, metodiste e valdesi dedicheranno un culto domenicale alla memoria delle vittime dell’omofobia perché come afferma il pastore battista Raffaele Volpe, presidente dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (Ucebi), le chiese spesso “restano ancora chiuse di fronte al grido delle vittime dell’omofobia. Noi abbiamo provato ad aprirle le porte delle chiese, e abbiamo fatto un’esperienza non solo commovente di fronte a storie e racconti di violenza, ma abbiamo anche sperimentato la fiducia e l’incoraggiamento che vengono dalla preghiera e dall’affidarsi a Dio”.

Il lungo snodarsi d’iniziative che attraverserà le maggiori città italiane, da Palermo a Trieste, comincerà domenica 12 maggio con un culto valdese in memoria delle vittime dell’omofobia a Firenze, Palermo e Milano, mentre la sera di lunedì 13 maggio sempre a Milano i gruppi di omosessuali cristiani organizzeranno una veglia ecumenica itinerante che partirà dalla chiesa battista di Via Pinamonte e si concluderà nella chiesa cattolica della parrocchia dell’Incoronata. 
Le due veglie saranno unite da una fiaccolata che attraverserà Corso Garibaldi, una delle vie più vive della città milanese, che cercherà di “legare con un nastro di luce, le chiese cristiane di ogni denominazione, nell’impegno comune di vincere con l’amore ogni forma di omofobia e di transfobia”.

Da segnalare anche l’imponente veglia ecumenica di preghiera in ricordo delle vittime di omofobia e transfobia organizzata per Venerdì 17 maggio (giornata internazionale contro l’omofobia) a Palermo dal gruppo Ali d’aquila – Cristiani LGBT Palermo nella chiesa parrocchiale di S. Maria della Pietà alla Kalsa in collaborazione con il Vicariato dell’Arcidiocesi palermitana e la collaborazione de la Chiesa Evangelica Luterana di palermo, la Chiesa Valdese di via dello Spezio, la Chiesa Evangelica Valdese di Marsala e Trapani e altre due parrocchie quella di San Gabriele Arcangelo e quella di San Giuseppe Artigiano, la Comunità di San Francesco Saverio all’Albergheria, i Laici Missionari Comboniani e la Comunità Kairòs.
Il lungo commino delle veglie terminerà domenica 26 maggio con il culto domenicale per le vittime dell’omofobia della comunità valdese di Rimini e la veglia ecumenica che si terrà nella Parrocchia Cuore Immacolato di Maria di Pinerolo (Torino).

Anche quest’anno altre città estere ospiteranno dei momenti di preghiera in comunione con le veglie italiane: a La Valletta (Malta) sarà organizzato dal Drachma Parent’s and LGBT groups (il gruppo di genitori cattolici con figli glbt di Malta), a Siviglia (Spagna) da Ichthys – gruppo di gay e lesbiche cristiano di Siviglia, a Quilpué in Cile da AFIRMACIÓN CHILE l’associazione dei Mormoni gay e lesbiche del Cile e a Montreal (Canada) dalla parrocchia cattolica di Saint-Pierre-Apôtre (San Pietro apostolo).

L’appello lanciato dai gruppi di cristiani omosessuali italiani “a fare memoria delle vittime dell’omofobia” è stato raccolto in Europa anche dall’European forum of lesbian, gay, bisexual & transgender christian groups (Forum Europeo dei gruppi cristiani glbt) e a livello internazionale dall’IDAHO Committee, il comitato internazionale della Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, che ha voluto invitare tutti i credenti a guardare a questa iniziativa italiana affinché diventi “un punto d’incontro per nuovi cammini”  di tolleranza e faccia udire le “voci di tante persone religiose che … si oppongono all’uso della religione per giustificare l’odio, il rifiuto e talvolta anche la violenza, ed i crimini contro le persone omosessuali e transessuali”.

Come volontari di Gionata.org, il progetto italiano su fede e omosessualità (www.gionata.org) che coordina questa iniziativa ecumenica, non possiamo che sottoscrivere le parole di Fabio del gruppo di cristiani omosessuali di Palermo, che scrive “Io ho un sogno: il giorno in cui non ci sarà più bisogno di una veglia contro l’omofobia e la transfobia e l’esistenza stessa di un gruppo di omosessuali credenti non sarà più necessaria per portare all’attenzione le problematiche relative alla discriminazione delle persone LGBTIQ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali, queer).

INFO> Maggio 2013. Tutte le città italiane ed estere dove si pregherà per le vittime dell’omofobia

Il video di presentazione dell’iniziativa in: Italiano – Inglese – Spagnolo – Francese

Contatti Info stampa Email: gionatanews@gmail.com

Io, prete di periferia e le veglie per le vittime dell’omofobia

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Nel mondo odierno, dell’ omofobia imperante, sono molti gli spiragli di luce che ci fanno uscire da quel buio, che ci ha fatto conoscere l’odio. Come la scelta di don Francesco Michele Stabile, che quest’anno ospiterà una veglia di preghiera contro le vittime dell’omofobia a Bagheria, una delle perle della Sicilia. 

Intervista a Francesco Michele Stabile, parroco di San Giovanni Bosco a Bagheria (Palermo), 9 maggio 2013
        
Sono don Francesco Michele Stabile, parroco a Bagheria (Palermo) e docente di storia della chiesa. Sono prete da cinquanta anni, da cinquant’anni insegno, a sessant’anni ho deciso di fare il parroco di un quartiere di periferia. Ho cercato di assimilare lo spirito del concilio Vaticano II. Mi sono impegnato perché la nostra chiesa palermitana ne realizzasse la vita di comunione e di partecipazione come popolo di Dio, rompesse con il collateralismo politico, vivesse incarnata nel territorio, lottasse contro clientelismo e mafia.
Negli anni ottanta con un gruppo di amici preti e laici cattolici, non conoscendo nulla della realtà del mondo gay, abbiamo voluto conoscere da vicino il mondo degli omosessuali. Abbiamo perciò invitato alcuni omosessuali da noi conosciuti perché ci raccontassero della loro vita. 

Fu un incontro di ascolto che ci fece comprendere molte cose, ma fu anche un momento di confronto per chiarire le nostre difficoltà e le nostre perplessità su un mondo omosessuale che ci appariva a volte troppo esibizionista e con troppa promiscuità. Poco sapevamo dei sentimenti e dell’amore.

 
Come ha scoperto le veglie per le vittime dell’omofobia. Che cosa hanno suscitato in Lei quando vi ha partecipato? Ho conosciuto il gruppo Ali d’aquila (di Palermo) che si incontra presso la rettoria di S. Francesco Saverio all’Albergheria affidata al mio amico don Cosimo Scordato. E’ attraverso questo gruppo e a don Cosimo che ho saputo delle veglie di preghiera per le vittime dell’omofobia. 
Ho ritenuto mio dovere partecipare e ho dissentito dalla disposizione dell’arcivescovo Romeo che in un primo tempo negò il permesso di svolgere la veglia nella chiesa di S. Lucia. Si trattava di preghiera e non di propaganda o di un convegno. Partecipai alla veglia davanti l’atrio con un gruppo della nostra comunità parrocchiale. 

Quale messaggio importante le veglie di preghiera per le vittime dell’omofobia lanciano a tutti i credenti delle nostre chiese? Anche se non condividono le scelte di vita di altri fratelli e sorelle, contro ogni forma di violenza, devono impegnarsi per una cultura rispettosa della persona umana e delle sue scelte

Le veglie hanno favorito un cambiamento nelle persone che hanno condiviso questo momento? La preghiera vera è sempre momento di unione, di apertura, di accoglienza, di riconciliazione. 

Con quale speranza parteciperà alla veglie di quest’anno? La speranza è che venga sempre più rispettata la dignità di ogni persona umana che va accolta in quanto il suo valore è anteriore a qualunque orientamento personale e a qualunque scelta di vita.

 

fonte: http://www.gionata.org